domenica 21 ottobre 2007

Strategie




Sto viaggiando in autostrada con mio padre, lo sto riportando in città dopo l'estate trascorsa in montagna, sempre nello stesso posto da ventisette anni a questa parte. Strategicamente viaggio a velocità tranquilla e costante, metto della musica che a lui piace, i chilometri così passano via senza alterare il suo umore.

Sembra l'accorgimento di una figlia attenta, sensibile, piena d'amore nei suoi confronti. Attenta lo sono, razionale e sensibile pure, ma l'amore filiale credo sia altro da quello che provo per lui: voglio soltanto che se ne stia buono per le due ore di viaggio, qui al mio fianco, ben assicurato al sedile.

Sonnecchia, ed è una fortuna, perché altrimenti mi dovrei inventare un argomento di conversazione, e proprio non ne ho voglia. Il mio silenzio è una strategia di fuga da una situazione che mal sopporto, è un'anestesia temporanea per non accusare dolore.
Mio padre soffre di demenza, che sia Alzheimer o altra forma di degenerazione non ha importanza.
Fatto sta che la memoria a breve se l'è giocata, tende a scappare di casa, non ha più il senso dell'orientamento, nè quello del tempo. Fa cose insensate, e diventa aggressivo se non lo si asseconda nelle sue intenzioni. Si esprime con il suo linguaggio che deve essere interpretato perché usa i termini in modo inappropriato, le sue parole si sono scambiate il significato.
Io mi sforzo di capire quel che davvero vuole dire, la sua mappa dei significati è scombinata ma i pezzi del puzzle ci sono tutti, basta trovare il modo di ricomporli.


Si è svegliato, guarda la campagna che sfila via fuori dal finestrino.
"E' la prima volta che faccio questa strada"- dice sorridendo, e poi si riappisola.


In ventisette anni questa autostrada l'avrà fatta almeno un centinaio di volte. Ma questo è il suo nuovo modo di dire che una cosa gli piace: "è la prima volta che mangio questo prosciutto" "è la prima volta che vedo questo film".

Già, "è la prima volta che..." al posto di "che bello questo...".

Lui, come la maggior parte delle persone, ha passato la vita a costruirsi certezze, che si sono trasformate in abitudini, in tempi scanditi da attività che si ripetono quotidianamente.
Invecchiare comporta anche non avere tante speranze di novità, non investire su un cambiamento, perché si avverte che il tempo a disposizione si assottiglia, le forze fisiche vengono meno.
Essere sicuri oggi che anche domani si leggerà il giornale, si farà la passeggiata, si guarderà la tele ad una determinata ora ci fa stare tranquilli, comunque confidenti nella vita.
E questo adeguarsi alle regole ce lo insegnano fin da piccoli: è proprio del processo di crescita di un bambino saper modulare le necessità fisiologiche in accordo con i ritmi del mondo che l'accoglie.
Impariamo a dormire di notte, e non di giorno, a fare colazione al mattino, a pranzare e cenare a orari fissi e non quando ci pare.
S'impara ad adeguarsi ai ritmi del contesto in cui siamo nati, e tutto si ripete, giorno dopo giorno. E così ci perdiamo la sorpresa, l'emozione della "prima volta che..."


Si è risvegliato. "E' la prima volta che faccio questa strada" ripete.


La demenza brucia la memoria a breve, e così ogni accadimento è percepito dal paziente come novità, anche se lo ha già vissuto appena cinque minuti prima.
Scardina il senso del tempo e dello spazio, e così chi ne soffre fa colazione nel cuore della notte, vuol fare la passeggiata al parco alle cinque del mattino, esce di casa in pigiama e ciabatte e si perde nel labirinto delle vie della città.
Io mi chiedo se la demenza non sia l'estrema strategia del nostro corpo per rivivere ogni giorno il piacere della sorpresa, affinchè anche un vissuto quotidiano ripetitivo e noioso sia costellato, alla faccia della vecchiaia, di "prime volte che..."

2 commenti:

ulixes ha detto...

Wè loggi :)..un saluto anche a te..interessante questo post..ora che mi ci hai fatto pensare, anche io mi chiedo, come hai scritto nelle ultime due righe, se la demenza non sia una strategia per rivivere ogni giorno il piacere della sorpresa... Grazie per questo spunto di riflessione..A presto

Anonimo ha detto...

Sto vedendo di che cosa non è capace il corpo ma anche la mente per sopravvivere, perciò non lo escluderei. La scienza direbbe: no è malattia. Il comune sentire direbbe: no è follia. Io non dico alcunchè, perchè ho finito le parole. Ciao Loggi, ben tornata.