martedì 19 giugno 2007

Due fotocopie


ore 9.00.
Sono seduta in un corridoio del Comune, settore edilizia, di fronte all'ufficio Visure e Copie.
Ho preso il numerino, attendo il mio turno per entrare nell'ufficio dove finalmente pare abbiano rintracciato la documentazione richiesta a fine febbraio da mia madre e relativa a lavori di ampliamento fatti nel suo appartamento nel 1970. Documentazione che sicuramente i miei genitori avevano ricevuto a suo tempo in copia, ma che non trovano più nella marea di cartacce che tengono allineate nei raccoglitori in libreria.

Una roba di concessioni, licenze, approvazioni.
Una roba che mi vengono i vermi al solo pensiero.
Una roba che mi fa pensare ai miei genitori che, ligi e onesti, 37 anni fa si erano imbarcati nella richiesta di autorizzazione dei lavori di ristrutturazione per ricavare una camera per me. La bambina cresceva, non poteva continuare a dormire nell'armadio-letto dell'ingresso.
Siamo a giugno, rintracciare la pratica ha preso solo tre mesi e mezzo, grazie all'efficiente, ma che dico, efficientissimo Sportello unico per l'edilizia del Comune.
Del resto, al catasto (gestione statale, altra roba) i lavori non sono mai stati registrati. No, dico, son passati solo 37 anni, diamogli il tempo, e che diamine.
Ho dovuto prendere un permesso per venire qui, perché occorre visionare di persona gli atti.
Sarebbe fantascientifico, immagino, pensare che il legittimo proprietario potesse ricevere a casa per posta (a pagamento, certo) le fotocopie vidimate degli atti rintracciati.
Lo sportello al pubblico è aperto solo dal lunedì al giovedì dalle 9.00 alle 11.30. Ignoro cosa facciano dalle 11.30 in poi, e per tutto il venerdì.
Entro, è il mio turno, non ho dovuto neppure aspettare tanto, un’oretta.
Ho in mano la delega al ritiro firmata da mia madre.
Ho la sua carta d’identità.
Ho la mia carta d’identità.
Esibisco il tutto.
Sì, siamo noi, madre e figlia, l’addetta alla distribuzione delle pratiche accerta questo incontrovertibile fatto.
Meno male.

E mi consegna un chilo e mezzo di fascicolo.
Da visionare e, se lo voglio, far fotocopiare.
Eccerto che voglio le copie, altrimenti siamo daccapo….
Ho a disposizione un tavolo, una sedia, delle clip e dei foglietti: se voglio far fotocopiare qualche foglio, basta che lo pinzi con un fogliettino bianco. Apperò, che organizzazione.
Mi siedo, apro il fascicolo, sfoglio. Timbri su timbri, e su tutti i fogli. Fogli apparentemente uguali, ma su alcuni c’è qualche timbro in più. Anche le date sono diverse, in progressione. Evidentemente il fascicolo comprende tutte le documentazioni prodotte nel corso del processo di autorizzazione, dalla fase di domanda fino alla concessione della licenza. La licenza è già a mie mani, l’avevo recuperata in un’altra sede del comune 15 giorni prima.
Mi chiedo: dovrò far fotocopiare tutto? Ritorno allo sportello, chiedo lumi.
“Mi scusi, secondo voi cosa è necessario fotocopiare?”
Risposta: “Non siamo tecnici, non sappiamo dire”.
“Ah”
Ma come, lo Sportello unico per l’edilizia - una perla strombazzata sul sito internet del Comune - è stato creato apposta per il cittadino ignaro dei misteri dei regolamenti dell’edilizia, perché chiunque potesse rivolgersi in Comune e ottenere le informazioni cercate, e qui, quali addetti alla consegna degli atti non ci sono dei tecnici che possano orientare il cittadino? Geniale.
Son quasi lì che mi decido a far fotocopiare tutto in blocco, quando un signore accanto a me mi dà una dritta:
“Fotocopi solo i disegni che riportano il timbro della licenza, vede questo timbrino esagonale qui, col numero di protocollo della licenza…tutto il resto non serve”
È un geometra che rintraccia pratiche, lo fa di professione. Ammazza, oggi devo essere proprio in forma smagliante per aver mosso a pietà un tecnico. Macchè, mi passa il suo biglietto da visita.
“Se le posso essere utile, pratiche di accatastamento, visure, concessioni edilizie…”
Gli sfodero un sorriso zoccolesco, prendo il biglietto, non si sa mai.
Pinzo gli unici due disegni (dei 15 presenti nel fascicolo) con il timbrino DOC e vado allo sportello.
“Ecco, allora fotocopio solo questi due disegni”
“Bene, torni fra due mesi”
“Eh?”
“Dobbiamo avere il tempo per fare le fotocopie”
Da notare che a fianco a me, di lato allo sportello, c'è una fotocopiatrice bellissima, nuova.
"Scusi, ma la fotocopiatrice è qui, e non c'è molta gente in coda. Mi basterebbe trattenere il fascicolo, le fotocopie le farei io..."
"Ma vede, noi dobbiamo seguire la procedura" (leggasi: neanche per idea, le fotocopie le facciamo noi e basta, le dobbiamo vidimare con il timbro del Comune che certifica la conformità all'originale, e ora io capisco cosa fanno dalle 11.30 in poi queste due signore che tecnici non sono...)
Mentalmente mi visualizzo come l'Incredibile Hulk, in trasformazione, che straccio la camicia e i calzoni a furia di gonfiarmi, tutta verde, afferro la fotocopiatrice bellissima e la scaravento in testa alle due signore.
Arriva allo sportello un'altra tipa, come me solo cittadina e non geometra, ha in mano 7 chili di documentazione e ha appena compilato un modulo dove dichiara di voler trattenere il suo fascicolone per alcuni giorni.
"Ma scusate, ma allora datemi un modulo, chè anch'io tratterrei volentieri, esco di qui, mi fiondo in una cartoleria, fotocopio, ve lo riporto, voi vidimate..."
"Va bene, vediamo se le fotocopie dei disegni vengono bene con questa fotocopiatrice qui, per procedura le tavole A3 le dovremmo far fare giù all'Ufficio tecnico fotocopie"
Già, perché sarebbe stato troppo furbo mettere la fotocopiatrice con la maggiore risoluzione grafica in questo stesso ufficio...Evidentemente negli scantinati ci sono degli altri poveri cristi che di mestiere fanno solo fotocopie dei disegni, non vedono nessuno e vivono in simbiosi con una fotocopiatrice spaziale, l'Enterprise delle fotocopiatrici, e allora mi domando di nuovo cosa caspita facciano queste due dalle 11.30 in poi...
Sfodero di nuovo il sorriso zoccolesco, dentro di me rido per non piangere, prendo le due fotocopie vidimate, ringrazio e esco.

E mi parte un sogno.
Sogno un milione di impiegati comunali convenuti da tutt'Italia nelle strade di Roma per manifestare il loro diritto, il loro orgoglio, di essere impiegati comunali.
Che ballano seminudi su fotocopiatrici.
Che timbrano tutto il timbrabile, anche i marciapiedi.
Perché anche loro vivono ai margini della società civile, e vogliono essere invece riconosciuti, integrati nei processi produttivi, utili per tutti noi.
Perché sono degni del loro lavoro. Perché loro sono la faccia dell'amministrazione locale.

Come mi piacerebbe se lo facessero anche loro, il loro Pride.

venerdì 15 giugno 2007

Roma, 16 giugno 2007

Angelo Pezzana ha oggi 67 anni (Fronte unitario omosessuali rivoluzionari italiani). Mario Mieli non c'è più (Elementi di Critica Omosessuale) Il primo Gay Pride si tenne nell'aprile 1972; non aveva alcunchè di riconducibile alla manifestazione di oggi. Si ritrovarono fuori dal Casinò di Sanremo, Pezzana, Mieli di ritorno da Londra, Enzo Francone sette anni dopo arrestato a Teheran per la protesta contro il regime Khomeini sul nodo dell'omosessualità. Partecipava la femminista francese Francoise D'Eaubonne del fronte omosessuale francese. Manifestavano contro un convegno internazionale di psichiatria che definiva l'omosessualità un flagello. Per la prima volta sui giornali si lesse, riguardo a quella protesta, la parola impronunciabile a caratteri cubitali.

Dice oggi Pezzana del Gay Pride che è "un grande circo da buttare in pasto al grande pubblico" così che l'opinione pubblica pensi agli omosessuali e le lesbiche come a degli stupidi, bambini deficienti che giocano per un giorno con piume e lustrini, nella peggiore delle ipotesi dissoluti capaci di qualsiasi nefandezza ed indecorosità. Mentre negli Stati Uniti sfilano con i loro abiti di lavoro – pompieri, bancari, infermiere, poliziotti - a sottolineare la “normalità” che rivendichiamo.

Ha ragione, una nostalgica e delusa ragione uguale alla mia.

Io mi ricordo delle inchieste dell'Espresso e delle copertine del settimanale, nelle edicole di paese per un filino non finivano fra i porno perchè c'era la foto di due uomini e due donne nudi che quasi si abbracciavano. Mi ricordo di Elementi di Critica Omosessuale edizioni Einaudi che ovviamente in libreria non c'era e bisognò ordinarlo, l'ho aspettato sei mesi. Il libraio era un uomo anziano che non aveva nulla da perdere e ne sapeva troppo ormai delle persone, io andavo dopo le lezioni a chiedergli se fosse arrivato e lui mi sorrideva: solleciterò.

Chiedono a Pezzana cosa vorrebbe? E lui risponde: il sogno dell'infelicità. La disperazione per gli alimenti e la pensione, il diritto al matrimonio e al divorzio. Aggiunge:solo così otterremo il rispetto del verduraio, del direttore di banca, del giornalaio. Solo – dice – con la stessa infelicità degli etero.



E' questo il punto.