Ogni qualvolta sento una vicenda come quella di Welby, mi ritorna alla memoria un vecchio film: Di chi è la mia vita? Si intitolava.
In questo caso verrebbe da chiedersi, di chi è la mia morte? E’ dello Stato che con accanimento degno dei talebani si ostina a prestarmi terapie evidentemente inutili e comunque anch’esse alla fine della loro efficacia; oppure è della Chiesa credendo la mia vita sia solo nelle mani nel Signore e che la sofferenza terrena ci avvicini a lui? Pensino che forse il buon Dio si sarebbe già preso Welby accanto a sé, se essi non avessero peccato di orgoglio e di vanità. In queste ore si è saputo che la sua sofferenza peggiora sempre di più.
Non si discute più qui di eutanasia, si discute di accanimento terapeutico. L’accanimento terapeutico comincia, ed è valutato da specialisti, quando la cura è sproporzionata per impatto al beneficio che ne può trarre il paziente. E’ cosa diversa dal trattamento sanitario obbligatorio. Non è nell’etica medica sottoporre un individuo a cure peggiorative come non lo è privarlo di cure.
Welby, come molti prima di lui, potrebbe andarsene grazie ad un aiuto medico clandestino, rischiando però che chi lo aiuterà sia accusato di omicidio. O facendosi togliere il respiratore morire atrocemente dopo aver vissuto un calvario. Io ho visto morire per asfissia, non so quanti sappiamo cosa sia essere lì in quel momento e cosa succeda a chi se ne vada in quel modo.
Ancora una volta Chiesa e Stato fingono di ignorare che dalla notte dei tempi si è trovato il modo di interrompere una vita peggiore della morte. Alla stessa maniera, ipocritamente, fingevano di non sapere dell’aborto comunque praticato, fingono di non sapere di figli di lesbiche e gay comunque concepiti e affidati, fingono di non sapere di coppie di fatto da sempre esistenti. E chi si riempe la bocca della sacralità dell’individuo e della sua libertà pensi al prezzo degli abusi consentiti dalla clandestinità. Oppure è invece meglio impartire precise direttive così da consentire all’individuo di essere libero cittadino di uno stato rispettoso e autorevole verso gli stessi cittadini dai quali è costituito.
Meglio, se ne deduce, torturare un uomo malato, un cittadino italiano fino a prova contraria libero di parlare e pensare, piuttosto che ragionare liberamente e laicamente sul diritto ad una vita decente ma anche ad una morte dignitosa, sull’eutanasia, su quel mezzo insufficiente che è la sedazione ora unica possibilità in un vuoto legislativo che è tempo di colmare.
E nella demenza medioevale che aleggia intorno a questa vicenda umana, come ultima offesa Welby è stato persino accusato di strumentalizzare la sua vicenda.
Una persona intelligente che ha amato la vita con tutta sé stessa mi ha dato la sua risposta al quesito: di chi è la mia vita? E’ solo mia; lo ha fatto dopo aver cercato di sopravvivere alla malattia. Ha rifiutato la chemioterapia e accettato la sedazione. Dopo avermi insegnato a vivere, mi ha insegnato a morire con dignità. La morte sotto sedazione non accade in un’ora, il minimo sono 48 ore a seconda delle condizioni del paziente.Lo stato di incoscienza è graduale mano a mano che aumentano le dosi di sedativo e di morfina. Io ero lì, leggevo la Bibbia mentre aspettavamo il momento in cui ci saremmo lasciate.
Medici ospedalieri specialisti nella terapia del dolore raccontano che i malati terminali italiani, a parte rarissimi casi, non chiedono l’eutanasia ma chiedono di essere incoscienti al momento del trapasso, chiedono di non soffire inutilmente. Le famiglie sono lacerate, segnate per sempre da quello che vivono, ma si pregano i medici di concedere qualsiasi dosaggio di morfina possa non farli soffrire. Il momento dopo tu ti chiedi se è stato veramente così? Dopo che ti è stato invocato di impedirlo.
2 commenti:
brava queen condivido in pieno, ognuno dovrebbe essere libero di decidere della sua vita e pertanto della sua morte..in un paese civile e democratico a mio parere dovrebbe essere una delle priorità...un saluto
La vita è solo nelle nostre mani fino alla fine; il rispetto della volontà altrui è alla base del rispetto reciproco. Chi vuole che Welby continui a soffrire non ha rispetto per lui e calpesta i suoi diritti approfittandosi del fatto che non si può alzare e denunciare la vigliaccheria di chi si nasconde dietro falsi dogmi e fa dei suoi ultimi momenti di vita un calvario. é ammirevole il fatto che welby lotti per i suoi diritti in un momento in cui molti avrebbero rinunciato ed è strano anche se dovrebbe essere così che qualcuno lo ascolti e lo sostenga, forse qualcosa sta cambiando...? juan carlos amico di ulix
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